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Leonardo critica i fondi USA nel calcio italiano e riflette su un possibile ritorno al Milan

L’ex direttore sportivo del Milan e del PSG mette in dubbio l’efficacia della gestione americana nel calcio italiano e condivide la sua visione sul futuro del management sportivo

Durante il Football Business Forum tenutosi a Trento, organizzato nell’ambito del Festival dello Sport da La Gazzetta dello Sport, l’ex giocatore e dirigente Leonardo ha offerto una riflessione critica sull’ingresso dei fondi americani nel calcio italiano. L’evento, a cui hanno partecipato esponenti di spicco del calcio internazionale come Urbano Cairo, presidente di Torino e RCS MediaGroup, Javier Tebas, presidente della Liga, e André Villas-Boas, presidente del Porto, ha visto Leonardo esprimere preoccupazioni sulla direzione che il calcio sta prendendo con questi nuovi modelli di investimento.

L’influenza dei fondi americani nel calcio italiano

«Negli ultimi anni, molti fondi americani hanno investito in Italia e in Europa, poiché è più conveniente rispetto agli Stati Uniti», ha spiegato Leonardo durante il suo intervento. Tuttavia, l’ex direttore sportivo ha messo in dubbio la capacità di questi investitori di comprendere appieno il contesto e le tradizioni dei club su cui stanno puntando: «Questi fondi spesso mancano di management di alto livello, non ci sono direttori adeguati. È difficile lavorare se non conosci il contesto della città, la tradizione e la storia del club in cui operi».

Leonardo ha sottolineato che la mancanza di una conoscenza approfondita delle radici culturali e sportive del calcio italiano può rendere complesso costruire progetti solidi a lungo termine. La sua preoccupazione riguarda il rischio che i fondi americani, più interessati al ritorno economico immediato, non siano in grado di pianificare e sviluppare strategie di successo durature.

Il cambiamento della gestione nel calcio moderno

Leonardo ha citato l’esempio di grandi club come il Paris Saint-Germain, dove è stato dirigente, per evidenziare come un approccio a lungo termine possa costruire una brand identity solida. «In dieci anni, il PSG è riuscito a costruire un marchio forte», ha spiegato. Tuttavia, ha anche evidenziato come club storici come il Milan abbiano cambiato proprietà quattro volte nell’ultimo decennio, rendendo difficile creare un progetto funzionante.

«I presidenti che gestiscono un club per molti anni sono sempre più rari», ha detto Leonardo, riflettendo su come la stabilità manageriale stia diventando una caratteristica sempre più difficile da trovare nel calcio moderno. Ha ricordato la sua esperienza con Silvio Berlusconi, descritto come «un uomo importante per il calcio e per l’Italia», e ha lamentato il fatto che queste figure di lungo corso siano sempre meno presenti nel calcio contemporaneo.

Il possibile ritorno di Leonardo al Milan

Durante l’intervista, Leonardo è stato interrogato dai giornalisti sulla possibilità di un suo ritorno al Milan, club con cui ha avuto una lunga storia sia da giocatore che da dirigente. Pur riconoscendo il legame speciale con i rossoneri, Leonardo ha chiarito di non avere intenzione di tornare nel ruolo di direttore sportivo: «Sono felice a casa, non ho molta intenzione di tornare al calcio come facevo prima».

Tuttavia, non ha escluso un coinvolgimento futuro nel mondo del calcio, anche se in un contesto diverso: «Non come allenatore, questo è fuori discussione, e nemmeno come direttore sportivo. Dopo aver concluso con il PSG, ho deciso che avrei intrapreso un altro percorso, che sarà certamente nel calcio – perché è la mia vita – ma in un modo diverso».

La visione di Leonardo sulla gestione sportiva moderna

Una delle critiche principali che Leonardo ha mosso nei confronti degli attuali modelli di gestione nel calcio riguarda l’incapacità di pianificare a lungo termine. «Oggi è complicato pianificare oltre i due o tre anni, e diventa difficile realizzare progetti a breve termine perché molti investitori tendono a speculare», ha osservato. La sua analisi si basa sull’esperienza maturata nel corso degli anni, durante i quali ha osservato come l’instabilità proprietaria e la ricerca del guadagno immediato spesso compromettano la costruzione di un progetto sportivo solido.

Leonardo ha poi sottolineato l’importanza di avere una visione a lungo termine e un management che sappia bilanciare le esigenze economiche con quelle sportive. «Non ho ancora visto una migliore organizzazione rispetto a quelle del passato», ha dichiarato, facendo intendere che i modelli attuali, pur innovativi, non riescono a replicare la solidità delle gestioni tradizionali.

Il ruolo di Paulo Fonseca e le aspettative sul Milan

Leonardo ha anche espresso la sua opinione sull’attuale allenatore del Milan, Paulo Fonseca, pur mantenendo una certa distanza dal giudicare il lavoro del tecnico portoghese. «Fonseca è l’uomo giusto per il Milan? Chi sono io per dirlo? Ha appena iniziato e tutti gli allenatori hanno bisogno di tempo», ha detto. Ha evidenziato come il calcio moderno tenda a richiedere risultati immediati, ma ha ribadito che «tutti gli allenatori hanno bisogno di tempo» per costruire una squadra e un progetto.

Nonostante il suo attuale distacco dal mondo della gestione diretta, Leonardo ha dimostrato di essere sempre aggiornato sugli sviluppi del calcio italiano e internazionale. Il suo commento finale riguardo al futuro del Milan e del calcio, in generale, è stato chiaro: «Spero che si possa tornare a progetti solidi e a lungo termine, dove le tradizioni e la storia dei club possano essere rispettate e valorizzate».

Conclusioni: Leonardo e la critica ai fondi USA nel calcio

Le parole di Leonardo offrono una visione critica ma lucida su uno dei temi più dibattuti nel calcio moderno: l’ingresso massiccio di fondi americani e investitori stranieri nei club europei, specialmente italiani. La sua riflessione evidenzia le sfide di una gestione troppo spesso legata al breve termine e poco attenta alle radici culturali e sportive dei club.

Sebbene Leonardo abbia chiarito di non voler tornare nel ruolo di dirigente, il suo legame con il calcio è ancora forte, e le sue parole sono un monito per chi si avventura nel mondo del calcio senza una visione a lungo termine. Il futuro del calcio italiano, e non solo, dipenderà dalla capacità di conciliare gli interessi economici con la costruzione di progetti che rispettino la storia e le tradizioni dei club.

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