Allenatori, personal trainer e tecnici sportivi penalizzati da un vuoto normativo: decine di milioni versati allo Stato e ora da recuperare
Milano torna al centro di una vicenda che intreccia sport, lavoro autonomo e fiscalità, con effetti concreti su migliaia di professionisti. Oltre 20mila Partite Iva attive nel settore sportivo avrebbero infatti versato, nel biennio 2023-2024, imposte non dovute per decine di milioni di euro, a causa di una mancata applicazione delle esenzioni previste dalla Riforma dello Sport.
Il caso, portato all’attenzione pubblica dalla tech company Fiscozen, riguarda in particolare personal trainer, allenatori, preparatori atletici e figure tecniche che operano quotidianamente anche a Milano, spesso all’interno di palestre, associazioni sportive dilettantistiche e società affiliate.
La riforma c’era, ma non era applicabile
La Riforma dello Sport, entrata in vigore il 1° luglio 2023, aveva introdotto un regime di esenzione fiscale fino a 15.000 euro annui e previdenziale fino a 5.000 euro per i lavoratori sportivi non iscritti ad albi professionali, titolari di Partita Iva, che svolgono attività a favore di realtà riconosciute dal sistema sportivo nazionale.
Nel dettaglio, la norma si applica alle prestazioni rese nei confronti di associazioni e società sportive dilettantistiche, federazioni sportive nazionali ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, dal CIP e da Sport e Salute.
Tuttavia, per le Partite Iva in regime forfettario, il beneficio è rimasto di fatto inapplicabile per due anni, non per una scelta dei contribuenti, ma per un’omissione tecnica.
Il ruolo dell’Agenzia delle Entrate
Il nodo centrale della vicenda riguarda l’assenza, nelle dichiarazioni dei redditi 2023 e 2024, di un campo specifico che consentisse ai forfettari di applicare correttamente l’esenzione prevista dalla Riforma. Una lacuna che ha generato incertezza e ha spinto migliaia di professionisti a versare imposte che non erano dovute, per timore di errori o sanzioni.
Solo nel 2025 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito ufficialmente la platea dei beneficiari, rispondendo a una consulenza giuridica richiesta dal CONI. Un chiarimento arrivato però a posteriori, quando le imposte erano già state pagate.
I numeri di un’anomalia fiscale
Per comprendere la portata del problema basta un esempio concreto. Un professionista in regime forfettario, con aliquota al 15%, che nel 2023 e nel 2024 abbia incassato 15.000 euro annui da lavoro sportivo, non avrebbe dovuto pagare imposte grazie alla Riforma. Invece, si è ritrovato a versare circa 3.510 euro complessivi tra saldo e acconti.
Moltiplicando questo importo per una platea stimata di circa 20mila contribuenti, emerge un dato impressionante: almeno 40 milioni di euro sarebbero entrati nelle casse dello Stato senza essere dovuti.
Una cifra che pesa in modo particolare su un settore già fragile, caratterizzato da redditi spesso discontinui e da una forte presenza di giovani professionisti.
Milano e il lavoro sportivo autonomo
Nel contesto milanese, dove il tessuto sportivo è estremamente diffuso e articolato, l’impatto è stato ancora più evidente. Personal trainer, tecnici e allenatori rappresentano una componente fondamentale dello sport di base, spesso lavorando come liberi professionisti per più strutture contemporaneamente.
La vicenda mette in luce una criticità sistemica: norme pensate per tutelare il lavoro sportivo che, nella pratica, finiscono per penalizzarlo, almeno nel breve periodo.
Cosa succede ora: recuperare le somme versate
Secondo quanto spiegato da Elena Battistini, commercialista e partner di Fiscozen, il percorso per il recupero delle somme non sarà immediato. Occorrerà attendere che l’Agenzia delle Entrate completi i chiarimenti ufficiali e adegui i modelli dichiarativi.
Solo a quel punto le Partite Iva coinvolte potranno procedere, tramite il proprio commercialista, con dichiarazioni integrative per gli anni 2023 e 2024, al fine di ottenere il rimborso o la compensazione di quanto versato in eccesso.
Una lezione per il futuro del sistema sportivo
Il caso solleva interrogativi più ampi sul rapporto tra riforme strutturali e applicazione operativa, soprattutto in un settore come lo sport, che negli ultimi anni è stato oggetto di profondi cambiamenti normativi.
Per Milano, città che ambisce a essere capitale dello sport anche a livello europeo, la vicenda rappresenta un campanello d’allarme: senza strumenti chiari e tempestivi, anche le migliori riforme rischiano di trasformarsi in un boomerang per chi lavora sul campo.

