
Giuseppe "Giussi" Farina
Figura centrale del calcio italiano tra gli anni Settanta e Ottanta, Giuseppe Farina ha lasciato un’impronta profonda e indelebile nel mondo sportivo, guidando club storici come Vicenza e Milan.
Un imprenditore tra calcio e passione
Farina, conosciuto da tutti come «Giussi», si è spento all’età di 91 anni. Nato a Gambellara, in provincia di Vicenza, nel 1933, avrebbe compiuto 92 anni a luglio. Nel corso della sua lunga carriera da imprenditore, si è distinto per la gestione di ben 12 società calcistiche, tra cui Milan, Vicenza, Padova, Audace, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena e Palù.
L’epopea con il Vicenza e la scoperta di Paolo Rossi
L’approdo al Lanerossi Vicenza risale al 1968. Fu proprio con i biancorossi che Farina visse una delle sue pagine più straordinarie: nella stagione 1977-78, la squadra raggiunse uno storico secondo posto in Serie A, trascinata dai 24 gol di un giovane Paolo Rossi, acquistato in comproprietà dalla Juventus.
La vicenda legata al riscatto del calciatore è rimasta celebre: «Gianni Agnelli mi diede un miliardo in nero per Paolo Rossi», dichiarò Farina molti anni dopo. La sua offerta superò nettamente quella della Juventus ufficiale, con una differenza di oltre 1,5 miliardi di lire. Un affare che segnò una svolta nel calcio italiano, anticipando il professionismo moderno e le sue ombre.
La presidenza al Milan: tra retrocessioni e rinascite
Il 19 gennaio 1982, Farina rilevò il Milan da Felice Colombo, in un momento particolarmente critico per il club, reduce dalla prima retrocessione della sua storia. In panchina sedeva Gigi Radice, presto sostituito da Italo Galbiati. Quella stagione si chiuse al 14° posto, con una nuova discesa in Serie B.
Nel campionato 1982-83, Farina affidò la squadra a Ilario Castagner, che riportò subito il Milan nella massima serie. Ma le stagioni successive furono segnate da risultati altalenanti e difficoltà economiche crescenti. Nils Liedholm fu richiamato nel 1984, ma il club non riuscì a ritrovare stabilità.
Il 1986 rappresentò un anno spartiacque: Farina, alle prese con una situazione finanziaria ormai insostenibile, rassegnò le dimissioni. Al suo posto subentrò Rosario Lo Verde come reggente, ma il vero cambiamento arrivò il 20 febbraio 1986, quando Silvio Berlusconi, attraverso Fininvest, rilevò il club, ne azzerò i debiti e gettò le basi per uno dei cicli più vincenti nella storia del calcio mondiale.
Un’eredità complessa ma significativa
Farina resta una figura discussa, ma indiscutibilmente centrale nella storia recente del calcio italiano. Visionario, tenace e appassionato, fu capace di intuizioni clamorose – come l’acquisto di Rossi – ma anche di errori di valutazione, soprattutto nella gestione economica del Milan.
Il suo nome rimane legato a un’epoca in cui il calcio era in bilico tra romanticismo e industrializzazione. La scomparsa di Giuseppe Farina rappresenta la chiusura definitiva di un capitolo in cui il presidente era ancora un uomo d’impresa e di campo, non solo un volto da copertina o un nome in borsa.